Con Ombra, il regista Lino Palena declina il tema del doppio in performance artistica ed elogio del pop.

La trama
Una donna giapponese (Ai Kishimoto), prosciugata dalla sua routine lavorativa, vive inconsapevolmente una seconda esistenza notturna. La presenza astratta e trasversale di un Namahage – figura del folklore di Oga, intermedia tra kami e yokai – innesca la schiusura del suo Io più recondito. Il ritmo crescente del tamburo taiko diviene pulsazione concreta dell’inconscio, ciò che davvero dà spinta propulsiva alla grammatica del progetto. Nel climax finale, prima che il suono s’interrompa e l’immagine si avvii alla sua chiusura liberatoria, la protagonista accetterà il confronto con la propria ‘ombra‘.
Corpo, spazio e psicanalisi

La trama di Ombra (2025), cortometraggio scritto e diretto da Lino Palena, impone subito la chiave di lettura della scissione identitaria. Il primo riferimento teorico va alle osservazioni di Sigmund Freud e Otto Rank, che intercettarono nel doppio la reiterazione del rimosso. Un concetto psicanalitico, questo, illustrato a partire dal corpo dell’attrice e maestra di Sinsho (‘calligrafia del cuore’) Ai Kishimoto. Nelle prime scene del cortometraggio, asfissiante focus sulla chiusa quotidianità della protagonista, Palena adotta una regia fredda e statica – tanto quanto le espressioni fisse, catatoniche di Kishimoto – che si alterna a colori opachi e curatissime scenografie d’interni minimali, quasi impersonali.
Tutto muta all’emergere dell’alter ego. La seconda parte di Ombra oscilla tra i neri profondi di non-luoghi mentali – dove Kishimoto è finalmente libera di trovare la sua ragion d’essere in una performance corporea di Sinsho, imponendo il dominio del gesto sull’immagine – e uno squarcio urbano che assorbe perfettamente l’ibridazione contemporanea, irreversibile tra cultura asiatica e globalizzazione.
Un ondivago viaggio-tributo alla cultura pop asiatica

In questa prospettiva si colloca la scelta formale dello step-framing, tecnica di manipolazione del ritmo dei fotogrammi all’interno di una stessa unità temporale, resa celebre da Wong Kar-wai. Palena la utilizza come traduttore visivo della scissione: la frattura del tempo filmico coincide con la frattura del soggetto; la protagonista – che in queste sequenze sfoggia lo stesso look di Brigitte Lin di Hong Kong Express – muta in corpo frammentato, in bilico tra presenza e dissoluzione.
Ombra propone quindi, una fenomenologia filmica in cui la frammentazione del movimento, il suono rituale del taiko e la plasticità del gesto performativa convergono in una manifestazione del perturbante. Ma al contempo si dirama in un breve ma splendido viaggio-tributo alle mille sfumature della cultura pop asiatica, dal cinema di Hong Kong al folklore giapponese.

Libraio, consumatore seriale di lungometraggi con una passione famelica per tutto ciò che arriva dall’Estremo Oriente, feticista dei libri editi da Taschen. Ogni tanto scrivo cortometraggi.
