Strange Darling: un thriller che sovverte i ruoli di vittima e carnefice

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Strange Darling: un thriller che sovverte i ruoli di vittima e carnefice

Un film audace, brutale e stilizzato che decostruisce i cliché del thriller psicologico, inserendo un pizzico di horror e ribaltando ruoli e prospettive in un incubo narrativo non lineare. Disponibile su Amazon Prime Video.

La trama

Willa Fitzgerald in una scena di Strange Darling

In una tranquilla mattina americana, un uomo armato insegue prima su strada e, poi, nei boschi una giovane donna. Tuttavia, quel che sembra un classico scontro tra vittima e carnefice si trasforma presto in qualcosa di più oscuro e contorto che conduce in un viaggio narrativo spezzato, dove ogni capitolo rivela nuovi dettagli e sovverte qualsivoglia certezza.

 

Una narrazione spezzata per confondere e coinvolgere

Kyle Gallner in una scena di Strange Darling

Strange Darling si presenta subito come un puzzle narrativo. La storia è divisa in capitoli che non seguono un ordine cronologico, e ogni frammento aggiunge o ribalta ciò che si pensava di aver compreso. Questo espediente, che ricorda i giochi temporali di Memento o Irréversible, non è gratuito: costringe a partecipare attivamente, a ricostruire le motivazioni dei personaggi e, soprattutto, a rivedere le proprie posizioni morali.

Il disorientamento temporale non è solo una trovata stilistica: è il linguaggio stesso del trauma, della manipolazione, della verità parziale. In un’epoca in cui il pubblico è ormai abituato ai plot twist, Strange Darling riesce ancora a sorprendere.

Preda e cacciatore: l’ambiguità morale al centro del film

Willa Fitzgerald in una scena di Strange Darling

A prima vista, tutto sembra chiaro: c’è un serial killer, c’è una vittima. Ma il film si diverte a giocare con le aspettative, invertendo i ruoli fino a farli collassare l’uno sull’altro. Nessuno è completamente innocente, nessuno è del tutto colpevole.

Questa ambivalenza non è solo una questione di scrittura, ma una scelta tematica forte: il male non ha un volto unico e la violenza può scaturire da luoghi inaspettati. Il film pone una domanda scomoda: si è davvero in grado di riconoscere il male quando lo si guarda negli occhi?

Violenza e intimità: un linguaggio disturbante

Willa Fitzgerald e Kyle Gallner in una scena di Strange Darling

In Strange Darling, la violenza non è mai fine a se stessa: è sempre legata a un’intimità disturbante, a un contatto fisico che mette a disagio. I gesti più semplici — prendere una mano, accarezzare una guancia — si caricano di ambiguità, e diventano premonizioni di morte o di vendetta.

Eros e Thanatos si intrecciano, in un linguaggio del corpo che racconta più delle parole. Il film si confronta con la rappresentazione della violenza sessualizzata senza spettacolarizzarla, ma lasciando intatto il suo potere disturbante. Una scelta coraggiosa che evita il voyeurismo, ma non risparmia l’angoscia.

Lo sguardo dello spettatore come strumento narrativo

Kyle Gallner in una scena di Strange Darling

Uno degli aspetti più affascinanti del film è il modo in cui coinvolge — e inganna — lo spettatore. Ci si trova a empatizzare con un personaggio per poi scoprire che non se ne conosceva la vera natura. Ogni scelta registica sembra studiata per manipolare il punto di vista di chi guarda, per far provare compassione dove non si dovrebbe e sospettare dove non serve.

È un gioco crudele, ma anche profondamente cinematografico: Strange Darling interroga su quanto sia fragile l’empatia e su quanto i meccanismi narrativi — e culturali — influenzino il giudizio morale.

Estetica pulp e tensione visiva: stile al servizio del contenuto

Willa Fitzgerald in una scena di Strange Darling

La regia gioca con un’estetica pulp volutamente vintage: colori saturi, inquadrature ricercate, una colonna sonora che oscilla tra il retrò e il disturbante il tutto realizzato su pellicola da 35 millimetri. Ma non si tratta solo di un omaggio stilistico. Esso diventa uno specchio della narrazione, un filtro attraverso cui il pubblico percepisce una realtà alterata, più seducente e al tempo stesso più inquietante.

Il contrasto tra l’eleganza visiva e la brutalità dei contenuti amplifica il senso di straniamento: lo spettatore è attratto e respinto nello stesso momento, in bilico tra fascino e repulsione.

Una riflessione sul potere, il genere e la narrazione

Willa Fitzgerald in una scena di Strange Darling

Sotto il sangue e la suspense, Strange Darling è anche una riflessione sul potere: chi controlla chi, chi racconta la storia, chi la subisce. C’è una chiara volontà di decostruire il male gaze, lo sguardo maschile dominante, per restituire potere a chi solitamente viene raccontato come oggetto e non soggetto. La narrazione stessa diventa un campo di battaglia tra punti di vista. E, in fondo, anche lo spettatore è chiamato a scegliere: credere a ciò che ha visto o accettare di essersi lasciato manipolare?

Strange Darling non è un film per tutti, ma è un film necessario. Coraggioso, disturbante, tecnicamente raffinato e narrativamente spiazzante, mette in crisi le certezze dello spettatore e lo costringe a guardare dentro la propria percezione del bene e del male. In un panorama cinematografico spesso prevedibile, è una voce fuori dal coro, una perla del catalogo Amazon Prime Video nonché un’eco inquieta che resta anche dopo i titoli di coda.

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