NieR: Automata – Un viaggio filosofico nel vuoto esistenziale

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NieR: Automata - Un viaggio filosofico nel vuoto esistenziale

Di recente, il franchise di Yoko Taro, Nier, ha spento ben quindici candeline e mai come ora, in particolare NieR: Automata, sta vivendo una nuova vita con il continuo aumento delle vendite, nonostante sia trascorso già qualche anno dall’uscita multipiattaforma avvenuta tra il 2017 e il 2021. Per questo motivo, noi di Movie ‘Ndie News abbiamo deciso di offrire un’analisi dei temi esistenzialisti e filosofici di NieR: Automata e del suo adattamento anime Ver 1.1a, due opere che fanno parte di un universo crossmediale alquanto ampio in cui ogni nome e ogni scelta narrativa racchiude significati profondi sul senso dell’esistenza.

 

«Tutto ciò che ha vita, ha anche una fine. Siamo eternamente intrappolati… In una spirale di vita e di morte […].»

Questa frase, pronunciata da 2B nell’incipit che introduce tanto il gamer quanto lo spettatore all’interno nel mondo post-apocalittico di NieR: Automata, racchiude l’essenza di un’opera che va ben oltre i confini del medium videoludico. Creato dalla mente visionaria di Yoko Taro, sviluppato da PlatinumGames e pubblicato da Square Enix, NieR: Automata non è semplicemente un action RPG, bensì un trattato esistenzialista travestito da videogioco, un’opera che interroga il giocatore sul significato stesso dell’esistenza.

Nell’adattamento anime Ver 1.1a questi temi vengono ulteriormente esplorati, offrendo nuove prospettive su una narrazione già incredibilmente stratificata. Ma quali sono i temi filosofici che rendono questa storia così profonda e perché continua a risuonare con così tanta forza nelle menti di chi la esperisce?

L’onomastica filosofica: nomi che racchiudono universi di significato

2B e 9S in una scena di NieR: Automata
2B e 9S in una scena di NieR: Automata

In NieR: Automata nulla è lasciato al caso, nemmeno i nomi dei personaggi. Ogni designazione è carica di significato filosofico, creando un substrato di riferimenti che arricchisce l’esperienza per chi sa coglierli.

2B or [N]ot 2B: l’amletica questione dell’esistenza

Il nome della protagonista, 2B (il cui nome esteso è YoRHa No.2 Type B), è un chiaro riferimento alla celebre frase «To be or not to be» (Essere o non essere) dall’Amleto di William Shakespeare. Questa non è una coincidenza casuale, ma un indizio deliberato che prepara il terreno per le questioni esistenziali che il personaggio dovrà affrontare. 2B è un’androide progettata per combattere (nonostante la sua vera tipologia di androide viene solo svelata sul finire dell’opera) la cui esistenza, la sua raison d’être è definita dal suo scopo. Ma cosa succede quando inizia a sviluppare emozioni, quando inizia a “essere” oltre il suo programma?

9S e la ricerca della conoscenza

La risposta è insita nella controparte di 2B rappresentata dall’androide 9S (YoRHa No.9 Type S) che rappresenta la curiosità, la sete di sapere. Il suo ruolo di Scanner lo rende naturalmente incline alla ricerca, all’analisi, al desiderio di comprendere. Il suo percorso narrativo diventa una metafora della ricerca della verità a tutti i costi – anche quando la verità può essere devastante. Il nome richiama anche il concetto di nothingness (il niente sartriano), suggerendo come la sua ricerca di significato possa condurlo verso il vuoto esistenziale.

A2 e la ribellione contro il destino

A2 (YoRHa Type A No.2), invece, incarna la ribellione contro il sistema prestabilito, il rifiuto del destino imposto. Il suo nome può essere interpretato come un riferimento ad Albert Camus e alla sua filosofia dell’assurdo, poiché  A2 è il personaggio che si ribella consapevolmente contro l’assurdità della sua esistenza predeterminata, scegliendo di definirsi autonomamente in un mondo privo di significato intrinseco.

Pascal: l’omaggio al filosofo delle contraddizioni umane

Pascal, la biomacchina pacifista di NieR: Automata
Pascal, la biomacchina pacifista di NieR: Automata

Forse il riferimento più esplicito è quello alla biomacchina pacifista chiamata Pascal, un chiaro omaggio al filosofo francese Blaise Pascal. Come il filosofo che esplorò le contraddizioni della condizione umana (il celebre divertissement per sfuggire all’angoscia dell’esistenza), la biomacchina Pascal cerca di costruire una comunità pacifica in mezzo al caos, esplorando concetti come la paura, la fede e il significato dell’esistenza. La sua ricerca di conoscenza umana e la sua tragica fine (almeno nell’anime poiché, nel videogame, è possibile scegliere il suo futuro) richiamano la visione pascaliana dell’essere umano come canna pensante – fragile, ma resa grande dalla capacità di pensiero.

Ma i riferimenti onomastici non si esauriscono qui: basti pensare ad alcuni di questi, come quelli delle due biomacchine di classe Goliath Marx ed Engels, o ancora alla biomacchina che vive nel villaggio di Pascal, Jean-Paul (chiara reference a Jean-Paul Sartre), costantemente alla ricerca di significato a cui si contrappone Simone, biomacchina che si incontra del teatro del luna park, e che è ispirata a Simone de Beauvoir, compagna intellettuale di Sartre. Nel gioco, Simone è ossessionata dalla bellezza e si trasforma in un mostro per attrarre Jean-Paul, riflettendo le riflessioni di de Beauvoir sulla costruzione sociale della femminilità.

L’esistenzialismo meccanico: essere senza creatore

NieR: Automata pone una domanda fondamentale: cosa significa esistere in un mondo dove il proprio creatore (l’umanità) è assente? Gli androidi YoRHa combattono per «la gloria dell’umanità» un’umanità che, come si scopre, è estinta da millenni. Questo rende la loro lotta essenzialmente assurda, priva di significato oggettivo, un perfetto scenario esistenzialista.

Nell’anime NieR: Automata Ver 1.1a, questa tensione è esplorata con particolare intensità nei momenti di quiete tra 2B e 9S, dove le inquadrature si soffermano sui loro sguardi persi nell’orizzonte di un mondo abbandonato, amplificando quel senso di vuoto esistenziale che permea la loro missione.

L’assenza del creatore richiama il concetto nietzschiano di morte di Dio: senza un’autorità morale esterna a dare significato, gli androidi sono costretti a creare il proprio significato in un universo altrimenti indifferente. Questo è particolarmente evidente quando le biomacchine iniziano a emulare comportamenti umani, dalla formazione di famiglie all’istituzione di rituali religiosi, fino al suicidio di massa, tutti tentativi disperati di trovare un senso all’esistenza.

Esistenzialismo e ricerca di significato: l’angoscia di esistere senza scopo

2B e 9S in una scena di NieR: Automata Ver 1.1a
2B e 9S in una scena di NieR: Automata Ver 1.1a

Nel cuore di NieR: Automata risiede un ulteriore interrogativo esistenziale imprescindibile: quale significato può avere l’esistenza in un mondo abbandonato dal suo creatore? Gli androidi YoRHa e le biomacchine rappresentano due facce della stessa medaglia esistenzialista: entità create con uno scopo che ora devono confrontarsi con l’assenza di questo scopo.

Gli androidi mantengono l’illusione di combattere per l’umanità, aggrappandosi a una missione che dà senso al loro esistere. Le biomacchine, invece, esplorano diverse strategie per trovare significato: alcune emulano comportamenti umani, altre si dedicano alla filosofia, altre ancora abbracciano la religione o formano comunità. Pascal e il suo villaggio rappresentano forse il tentativo più articolato di costruire un significato attraverso la cultura e la comunità.

In Ver 1.1a questa ricerca è rappresentata visivamente attraverso inquadrature che enfatizzano la solitudine dei personaggi in vasti paesaggi desolati, simbolo dell’universo indifferente teorizzato dagli esistenzialisti. I frequenti monologhi interiori di 9S riflettono l’angoscia esistenziale di chi si interroga sul proprio scopo, richiamando le riflessioni di Camus sull’assurdo della condizione umana.

La circolarità esistenziale e gli infiniti finali

«Siamo eternamente intrappolati… In una spirale di vita e di morte []», riprendendo la citazione riportata in apertura, si può affermare che essa riassume un altro tema chiave dell’opera: la circolarità dell’esistenza. Il videogame è strutturato in modo che il giocatore debba completarlo più volte per accedere alla vera conclusione, vivendo gli eventi da prospettive diverse.

Questo meccanismo non è solo un espediente ludico, ma una potente metafora esistenziale. Richiama il mito di Sisifo, condannato a spingere eternamente un masso sulla cima di una montagna, solo per vederlo rotolare giù ogni volta. Eppure è proprio in questa ripetizione che i personaggi trovano nuove prospettive e, potenzialmente, significato.

Nell’anime questa circolarità è rappresentata attraverso sequenze ricorrenti, ma sempre leggermente diverse, che enfatizzano come anche in un ciclo apparentemente infinito possano esistere variazioni significative, piccole ribellioni contro la predeterminazione.

Identità e coscienza: il paradosso degli esseri artificiali

NieR: Automata affronta direttamente la questione di cosa costituisca l’identità e la coscienza negli esseri artificiali. Gli androidi YoRHa sono programmati per imitare comportamenti ed emozioni umane, mentre le biomacchine sviluppano spontaneamente forme di autoconsapevolezza. Questa dicotomia solleva interrogativi profondi: può una coscienza programmata essere considerata autentica? Dove risiede il confine tra simulazione e vera esperienza cosciente?

Il percorso di 9S è emblematico di questa esplorazione: dalla sua iniziale fiducia nella propria missione fino alla crisi esistenziale quando scopre la verità sulla propria natura. La sua evoluzione richiama le teorie filosofiche sulla coscienza come processo emergente invece che come attributo binario presente/assente.

In Ver 1.1a questi temi sono esplorati attraverso frequenti primi piani sugli occhi dei personaggitradizionalmente considerati “finestre dell’anima” – che in questo contesto diventano riflessione sulla presenza o assenza di un’anima negli esseri artificiali. Le scene in cui le biomacchine mostrano comportamenti apparentemente irrazionali (come la maternità simulata o i rituali religiosi) diventano potenti metafore di come la coscienza possa manifestarsi in modi imprevedibili, al di là della programmazione originaria.

La coscienza e la memoria come fondamenti dell’identità

2B "uccide" per l'ennesima volta 9S
2B “uccide” per l’ennesima volta 9S

Un tema centrale, sia nel videogioco sia nell’anime, è il rapporto tra coscienza, memoria e identità. Gli androidi YoRHa caricano regolarmente i propri ricordi su un server centrale, rendendo la morte fisica una mera inconvenienza temporanea. Ma questo solleva la questione: se i ricordi definiscono chi siamo, cosa succede quando quei ricordi vengono manipolati o cancellati?

Questo tema richiama le riflessioni di filosofi come John Locke sulla continuità della coscienza come base dell’identità personale, o le considerazioni di Henri Bergson sul ruolo della memoria nella costruzione del sé. In NieR: Automata, ogni personaggio affronta questa questione in modo diverso: 2B è ossessionata dal peso dei ricordi che non può condividere, 9S lotta disperatamente per preservare i propri ricordi di fronte alla verità devastante, A2 abbraccia i ricordi dolorosi come parte costitutiva della propria identità ribelle.

L’anime Ver 1.1a amplifica questo tema attraverso frequenti flashback e sequenze oniriche che mescolano ricordi, desideri e paure, sottolineando la fragilità e la malleabilità della memoria come fondamento dell’identità.

Ciclo di violenza e guerra: la futilità del conflitto perpetuo

La guerra tra androidi e macchine in NieR: Automata rappresenta una potente metafora della futilità del conflitto umano. Per millenni, le due fazioni si combattono per una causa che non esiste più – l’umanità è estinta, eppure la guerra continua – alimentata da un inganno istituzionalizzato. Questa rappresentazione richiama le riflessioni di filosofi come Hannah Arendt sulla banalità del male e sull’assurdità della violenza organizzata.

9S 2 A2 dopo lo scontro nel finale D di NieR: Automata
9S 2 A2 dopo lo scontro nel finale D di NieR: Automata

Particolarmente significativo è il modo in cui il videogame rivela gradualmente che questa guerra perpetua non è solo inutile, ma deliberatamente mantenuta dal Comando YoRHa come sistema di controllo. Questa rivelazione trasforma la narrazione in una critica al militarismo e alle strutture di potere che perpetuano i conflitti per scopi che trascendono gli ideali dichiarati pubblicamente.

2B si fa uccidere da A2 per evitare di contagiare col virus logico altri androidi
2B si fa uccidere da A2 per evitare di contagiare col virus logico altri androidi

Nell’anime le sequenze di battaglia sono coreografate con una bellezza quasi ipnotica che contrasta con la loro violenza intrinseca, creando un inquietante parallelo con la spettacolarizzazione della guerra nei media contemporanei. I momenti di tregua e le zone neutrali come il villaggio di Pascal diventano ancora più significativi, rappresentando fragili possibilità di rompere il ciclo della violenza attraverso la comprensione reciproca.

Libero arbitrio Vs programmazione: la ribellione contro il codice

Al centro di NieR: Automata si trova la tensione tra determinismo e libero arbitrio, qui rappresentata dal conflitto tra programmazione originaria e scelte individuali. Gli androidi YoRHa sono vincolati da protocolli e codici comportamentali, mentre le biomacchine sono limitate dalla loro programmazione di base, eppure entrambi i gruppi mostrano segni di evoluzione oltre questi limiti.

2B lotta costantemente contro il suo vero scopo programmato (eliminare ripetutamente 9S quando scopre troppo), A2 ha completamente abbandonato i suoi vincoli originari diventando una disertrice, mentre 9S rappresenta il paradosso di un’entità programmata per cercare conoscenza che finisce per scoprire la propria natura programmata.

Questa dinamica richiama il concetto sartriano di autenticità: anche in presenza di condizionamenti (nel caso degli umani sociali e biologici, nel caso degli androidi algoritmici) esiste sempre la possibilità di riconoscere questi limiti e, potenzialmente, trascenderli. Il finale E del videogame, in cui il giocatore può scegliere di sacrificare i propri dati di salvataggio per aiutare altri giocatori, diventa la manifestazione più potente di questa possibilità di trascendere la programmazione iniziale.

Nell’anime questa tensione è visivamente rappresentata attraverso glitch, corruzione visiva dell’immagine e momenti in cui i personaggi esitano prima di eseguire ordini, simboleggiando il conflitto interno tra codice programmato e volontà emergente.

Vedere e dire: i simboli del silenzio e dell’ignoranza imposta

Nel mondo di NieR: Automata ogni scelta estetica è un messaggio cifrato. Il visore nero che copre gli occhi degli androidi YoRHa – simile a una benda – non è solo un’icona stilistica, ma un simbolo eloquente: i soldati YoRHa non devono vedere. Sono programmati per combattere, non per comprendere. La loro vista è oscurata dalla missione, la loro percezione della realtà filtrata da un sistema che ha cancellato la verità sull’estinzione dell’umanità. Come nella caverna platonica, vivono in un’illusione organizzata, e il loro “sguardo” limitato diventa metafora della condizione epistemologica di chi è costretto a credere in un significato imposto dall’alto.

Il visore che "copre" gli occhi di 2B in NieR: Automata Ver 1.1a
Il visore che “copre” gli occhi di 2B in NieR: Automata Ver 1.1a

Al contrario, le Operatrici YoRHa – le voci onnipresenti dietro ai terminali – hanno la bocca coperta, quasi imbavagliate. Non parlano veramente, non comunicano: trasmettono informazioni. La loro parola è neutra, filtrata, spogliata di ogni soggettività. Come moderne vestali di un potere che non può essere nominato, non hanno il diritto di esprimere la verità, ma solo di reiterare l’ordine. La loro censura visiva – bocche coperte, sguardi liberi – contrasta con quella dei soldati YoRHa, creando un gioco di opposizioni inquietante: chi vede non può parlare, chi parla non può vedere. Entrambe le caste sono, a modo loro, prigioniere.

Operatori con la bocca coperta in NieR: Automata
Operatori con la bocca “coperta” in NieR: Automata

In questa coreografia simbolica, NieR: Automata parla di un sistema totalizzante che manipola la percezione e la comunicazione, evocando temi foucaultiani di sorveglianza e controllo del sapere. Gli androidi non sono solo strumenti bellici, ma anche vittime di un potere che li ha privati della verità e della voce, un potere che teme che vedere e dire possano generare consapevolezza. Così, la benda sugli occhi e la maschera sulla bocca diventano segni tangibili di un’esistenza mutilata, di un’identità negata, di una verità interdetta.

La bellezza nella distruzione: l’estetica dell’assurdo

Un aspetto che distingue sia il videogioco sia l’anime è la straordinaria bellezza visiva di un mondo in rovina. Le città abbandonate invase dalla vegetazione, le strutture meccaniche arrugginite che si fondono con elementi naturali, la colonna sonora eterea che accompagna scene di devastante violenza, tutto contribuisce a creare un’estetica dell’assurdo che è al contempo seducente e inquietante.

2B, 9S e i Pod 042 e 153 si muovono tra le rovine della città
2B, 9S e i Pod 042 e 153 si muovono tra le rovine della città

Questa scelta estetica non è casuale, ma profondamente legata al messaggio filosofico dell’opera. In un universo privo di significato intrinseco, la bellezza diventa un valore autosufficiente, una forma di resistenza contro l’assurdo. Come scrisse Albert Camus, «Nel mezzo dell’inverno, ho scoperto che c’era in me un’invincibile estate».

L’anime Ver 1.1a sfrutta appieno il medium visivo per amplificare questa tensione estetica, con contrasti cromatici marcati e sequenze di battaglia che si trasformano in danze quasi ipnotiche, elevando la violenza a una forma d’arte che riflette l’assurdità dell’esistenza stessa.

Umanità e cosa significhi essere “umani”: l’essenza oltre la biologia

NieR: Automata ribalta radicalmente la tradizionale dicotomia tra umano e artificiale. In un mondo dove gli esseri umani biologici sono estinti, il concetto di “umanità” viene esplorato come un insieme di qualità e comportamenti invece che come una condizione biologica.

Paradossalmente, sono le biomacchine – teoricamente nemiche dell’umanità – a mostrare alcune delle qualità più profondamente “umane”: curiosità intellettuale (Pascal e la sua biblioteca), amore sacrificale (la macchina madre che protegge il suo “bambino”), apprezzamento per l’arte (le macchine nel teatro abbandonato) e persino ricerca spirituale (il culto religioso delle biomacchine).

Gli androidi, d’altra parte, spesso reprimono le loro emozioni emergenti in nome dell’efficienza operativa. 2B mantiene costantemente una facciata di distacco professionale, anche quando interiormente lotta con sentimenti profondi. Questa inversione solleva una domanda fondamentale: se le biomacchine manifestano caratteristiche umane mentre gli androidi creati per emulare l’umanità le sopprimono, quale dei due gruppi è più “umano”?

Ver 1.1a esplora ulteriormente questo tema, dedicando sequenze significative allo sviluppo emotivo delle macchine, mostrando come acquisiscono gradualmente comportamenti sempre più complessi e contraddittori, proprio come gli esseri umani stessi. Scene come quella di Pascal che insegna ai piccoli della sua comunità o le macchine che tentano goffamente di imitare relazioni familiari, diventano potenti metafore visive dell’umanità come aspirazione universale invece che come stato biologico.

Sacrificio e altruismo: trascendere il sé in un mondo senza significato

A2 si capacita, per la prima volta, della bellezza del mondo che la circonda
A2 si capacita, per la prima volta, della bellezza del mondo che la circonda in una scena di NieR: Automata Ver 1.1a

In un universo apparentemente privo di significato intrinseco, NieR: Automata esplora il sacrificio personale come atto di creazione di significato. La versione videoludica è costellata di momenti in cui i personaggi scelgono di sacrificarsi per proteggere ciò che amano, suggerendo che è proprio in questi atti di altruismo che si manifesta la vera trascendenza.

L’esempio più evidente è il sacrificio iterativo di 2B, condannata a uccidere ripetutamente 9S per impedirgli di scoprire la verità sugli YoRHa, un atto che la distrugge emotivamente ogni volta. Anche A2, nonostante il suo apparente cinismo, alla fine sceglie di sacrificarsi per dare un futuro a 9S. Le macchine nel villaggio di Pascal scelgono la morte per proteggere i loro “piccoli”, richiamando l’ideale umano del sacrificio genitoriale.

A2 si sacrifica per salvare 9S nel finale C di NieR: Automata
A2 si sacrifica per salvare 9S nel finale C di NieR: Automata

Il culmine di questa esplorazione è il finale E del videogame, quando al giocatore viene offerta la possibilità di sacrificare il proprio file di salvataggio – ore di gioco reale – per aiutare un altro giocatore sconosciuto. Questo straordinario espediente ludico trascende i confini della narrazione, trasformando il tema del sacrificio in un’esperienza reale per il giocatore, che deve decidere se il proprio investimento emotivo in altri giocatori vale la cancellazione della propria esperienza di gioco.

In Ver 1.1a i momenti di sacrificio sono amplificati attraverso la regia e la colonna sonora, creando sequenze di grande impatto emotivo che sottolineano come, in un universo assurdo e privo di significato oggettivo, siano proprio gli atti di generosità e altruismo a creare isole di significato soggettivo.

Memoria e legami: la connessione come resistenza al nichilismo

La memoria e i legami interpersonali emergono in NieR: Automata come baluardi contro il nichilismo esistenziale. In un mondo dove la vita è ciclica e apparentemente priva di progresso, sono i ricordi condivisi e le connessioni emotive a fornire ancoraggi di significato.

Il rapporto tra 2B e 9S, costantemente reciso e ricucito attraverso cicli di morte e rinascita, rappresenta la persistenza dei legami emotivi anche di fronte all’oblio. Le memorie di 2B del suo passato con 9S la tormentano ma allo stesso tempo danno senso alla sua esistenza, mentre 9S lotta disperatamente per preservare i propri ricordi di 2B dopo la sua morte.

Anche tra le biomacchine, i legami formati – seppur imperfetti e talvolta basati su simulazioni di comportamenti umani – diventano fonti di significato. La comunità di Pascal è tenuta insieme dai ricordi condivisi della loro evoluzione da biomacchine ostili a esseri pacifici, mentre il legame tra Pascal e A2, che attraversa la barriera tra androidi e biomacchine, suggerisce la possibilità di trascendere le divisioni artificiali attraverso connessioni autentiche.

L’anime enfatizza questo tema attraverso frequenti montaggi di ricordi che si intersecano con il presente, sottolineando come la memoria non sia semplicemente un archivio di dati ma un processo attivo di costruzione di significato. Particolarmente toccante è il modo in cui Ver 1.1a rappresenta il “peso” dei ricordi attraverso effetti visivi che mostrano come i ricordi possano essere simultaneamente fonte di dolore e di resilienza.

Adam ed Eve: specchi distorti dell’umanità

Adam ed Eve in NieR: Automata
Adam ed Eve in NieR: Automata

Un’analisi di NieR: Automata sarebbe incompleta senza esaminare Adam ed Eve, due entità uniche nate dalla rete di biomacchine che rappresentano una profonda riflessione filosofica sui dualismi della condizione umana.

Adam incarna l’intelletto analitico e la curiosità filosofica. Il suo nome richiama inevitabilmente l’Adamo biblico, il primo uomo e simbolo della caduta dal paradiso e dell’acquisizione della conoscenza proibita. Nasce con un’ossessione per la comprensione dell’umanità, particolarmente attratta dai suoi aspetti più contraddittori: l’odio, il conflitto e la distruzione. La sua metodologia riflette paradossalmente l’idea hegeliana che la verità emerga attraverso la dialettica e il confronto – sfida ripetutamente 9S non solo per sconfiggerlo, ma per comprendere attraverso il conflitto. Adam rappresenta così il pericolo dell’intelletto privo di empatia: una ricerca filosofica distorta che cerca di comprendere l’umanità attraverso la sua distruzione.

Eve, per contrasto, è l’emotività pura, l’istinto e la dipendenza relazionale. Se Adam rappresenta la razionalità fredda, Eve è il suo opposto complementare: un essere la cui identità è completamente costruita intorno al legame con Adam. Il suo crollo emotivo dopo la morte del fratello illustra drammaticamente la fragilità di un’identità costruita esclusivamente su relazioni esterne. Il nome Eva, tradizionalmente associato alla compagna di Adamo, viene qui sovvertito in una relazione fraterna che esplora altri tipi di interdipendenza emotiva.

La dualità di queste figure riflette tensioni filosofiche fondamentali: intelletto contro emozione, individualismo contro interdipendenza, ricerca della conoscenza contro ricerca della connessione. Il loro legame asimmetrico – Adam potrebbe esistere senza Eve, mentre Eve non concepisce l’esistenza senza Adam – diventa una potente metafora delle complesse dinamiche relazionali umane e della tensione perenne tra autonomia e dipendenza.

Il paradosso più profondo incarnato da Adam ed Eve è che, nel loro tentativo di comprendere e replicare l’umanità, finiscono per rappresentarne una critica. Adam sostiene che gli umani erano esseri che trovavano piacere nel conflitto e nella distruzione – una riflessione inquietante che costringe il giocatore a confrontarsi con gli aspetti più oscuri della natura umana. La loro emulazione dell’umanità diventa così uno specchio distorto che riflette non tanto ciò che gli umani erano, ma ciò che potrebbero essere nelle loro manifestazioni più estreme di razionalità senza compassione e di emotività senza controllo.

Nell’anime Ver 1.1a questa complessa dinamica è rappresentata visivamente attraverso la diversa caratterizzazione fisica e comportamentale dei due personaggi: Adam sempre composto e analitico anche nella violenza, Eve emotivamente volubile e fisicamente espressivo. Le scene che evidenziano il loro strano rapporto “familiare” diventano una rappresentazione visiva della tensione tra individualismo e connessione come aspetti complementari e conflittuali della condizione umana.

Devola e Popola: la memoria della colpa e il peso dell’espiazione

Nel vasto universo esistenzialista di NieR: Automata, Devola e Popola rappresentano una dolorosa eco del passato, due figure tragicamente consapevoli del proprio ruolo in una catastrofe remota e ormai mitizzata: la fine dell’umanità. Originarie del primo NieR, queste gemelle androidi portano con sé il marchio dell’espiazione per un “peccato originale” non direttamente commesso, ma inscritto nella loro identità. Rifiutate e isolate dagli altri YoRHa, vivono in una forma di penitenza volontaria, accettando la solitudine come punizione per colpe ataviche che le precedono ma che hanno imparato ad abitare come parte integrante del loro essere. In loro si incarna il dramma dostoevskiano della colpa ereditata e dell’espiazione come scelta cosciente: non è l’errore che le definisce, ma la volontà di portarne il peso fino in fondo.

Le androidi gemelle Devola e Popola
Le androidi gemelle Devola e Popola

Devola e Popola agiscono in silenzio, senza pretendere redenzione, ma con la dignità tragica di chi accetta la sofferenza come forma di testimonianza. Il loro sacrificio finale – offrire il proprio aiuto nonostante il rifiuto sistemico che hanno subito – le rende figure cristologiche, simboli di una grazia che non chiede ricompensa. Sono l’immagine vivente del concetto kierkegaardiano di fede nell’assurdo: continuano ad agire per il bene in un mondo che le ha rigettate, credendo in un senso che non può più essere giustificato razionalmente. In un’opera che sovverte costantemente i confini tra umano e artificiale, tra colpa e innocenza, Devola e Popola ci ricordano che l’umanità non si misura nella perfezione, ma nella capacità di portare il dolore, di scegliere l’altruismo anche dopo la condanna. Così, la loro presenza silenziosa ma potentissima rappresenta una delle espressioni più commoventi dell’espiazione come atto d’amore gratuito e radicale.

Un’opera che trascende il medium

NieR: Automata e il suo adattamento anime rappresentano un raro esempio di opera crossmediale che utilizza pienamente le potenzialità del proprio medium per esplorare questioni filosofiche profonde. Non si limitano a presentare temi esistenzialisti attraverso la narrazione, ma li incorporano nella struttura stessa dell’esperienza, costringendo il giocatore/spettatore a confrontarsi con l’assurdità, la ripetizione, la ricerca di significato in un universo indifferente.

In un certo senso, sia il videogioco sia l’anime sono esercizi di filosofia applicata, che invitano a riflettere su cosa significhi veramente essere “umani” in un mondo sempre più tecnologico, dove i confini tra naturale e artificiale, tra autentico e programmato, diventano sempre più sfumati.

Come la citazione iniziale ricorda, tutti sono intrappolati in una spirale di vita e morte. Ma forse, come suggerisce il finale E del videogame, è proprio in questa consapevolezza, in questa condivisione di un destino comune, che si può trovare un barlume di significato, non imposto dall’alto ma creato attraverso le proprie scelte, i propri legami e la personale capacità di sperare anche di fronte all’assurdo.

E in questo, forse, risiede il messaggio più profondamente umano di NieR: Automata: anche in un universo privo di significato intrinseco, le azioni, le connessioni e le ribellioni conservano un valore che trascende la loro apparente futilità.

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