NieR: Automata – Citazioni, riferimenti e influenze nell’opera di Yoko Taro

Continuano le riflessioni in ambito del quindicesimo anniversario del franchise Nier, con un approfondimento sulle influenze e le citazioni presenti tanto nella versione videoludica quanto nell’anime di NieR: Automata, che spaziano dai titoli della storia dei videogame per poi passare attraverso il cinema e l’animazione giapponese, senza dimenticare riferimenti filosofici, letterari e culturali. Con questo speciale ci siamo addentrati nell’intricata rete di connessioni che rendono l’opera di Yoko Taro un capolavoro multistrato, capace di dialogare con diverse tradizioni artistiche e intellettuali.
NieR: Automata, un’opera multimediale ricca di riferimenti

Nonostante l’opera di Yoko Taro viva di vita propria, è impossibile negare come, di fronte a determinate scene, sequenze o situazioni di NieR: Automata si provi quella sensazione di déjà vu, seppur indiretta, che trasmette la certezza di aver già visto da qualche altra parte ciò che ha appena preso forma davanti agli occhi. Sebbene la lore e il worldbuilding di Automata siano qualcosa di estremamente originale e che continuano la narrazione dopo il primo Nier e Nier Replicant (a loro volta spin-off di Drakengard), non sono prive di citazioni dirette e indirette.
In particolare sia il videogame sia l’anime Ver 1.1a di NieR: Automata traboccano di un citazionismo che, di certo, non fa storcere il naso, semmai arricchisce l’esperienza visiva e mentale di un’opera immensa qual è questa di Yoko Taro.
Tra filosofia e letteratura
Il primo impatto con il citazionismo insito in NieR: Automata si assaggia con l’onomastica dei personaggi: il nome di 2B è un gioco di parole, traducibile come “to be” che richiama la frase «To be or not to be» (Essere o non essere) dell’Amleto di William Shakespeare, a cui fanno seguito quelli meno arzigogolati ma più diretti come quello della biomacchina pacifista Pascal (Blaise Pascal), Emil (Emil Cioran), Simone (Simone de Beauvoir) e Jean-Paul (Jean-Paul Sartre), nomi ai quali se ne sommano altri e che rendono tangibile il tessuto filosofico che compone NieR: Automata.
I riferimenti filosofici non si limitano ai nomi, ma permeano l’intera opera. Il pensiero di Jean-Paul Sartre e l’esistenzialismo trovano espressione nel tema della ricerca di significato in un mondo apparentemente privo di scopo, centrale nell’intera narrazione. Da Friedrich Nietzsche vengono ripresi concetti come l’eterno ritorno e altri riferimenti che appaiono in particolare nei nomi dei boss. I temi dell’angoscia esistenziale e della fede teorizzati da Søren Kierkegaard pervadono la storia degli androidi e delle macchine, mentre il concetto dell’Altro sviluppato da Simone de Beauvoir e il suo lavoro sull’esistenzialismo trovano eco nella complessa relazione tra androidi e macchine.
Di pari passo, alla luce della manipolazione e del controllo visivo e verbale che viene esercitato dal Comando YoRHa nel corso della storia, emerge una certa aria di famiglia con quel capolavoro della letteratura che è 1984 di George Orwell: l’onnipresente occhio del comando e della sua comandante, infatti, vegliano sulle azioni degli androidi 2B e 9S, seguendo un copione ciclico al fine di evitare lo scoperchiamento del vaso di Pandora in cui la verità sulla millenaria guerra tra umanità e biomacchine aliene è celata. Come nel romanzo di Orwell, in NieR: Automata il libero pensiero e le emozioni non sono permesse: gli androidi YoRHa sono programmati per sopprimere sentimenti e dubbi che potrebbero comprometterne l’efficienza, riecheggiando il controllo totalitario della mente e dei sentimenti descritto nel distopico mondo di 1984.
La Settima arte: influenze cinematografiche
NieR: Automata ha un grandissimo pregio, ossia quello di essere un’opera estremamente cinematografica sia per quanto concerne il gameplay della versione videoludica sia per la regia che si cela dietro ogni singola sequenza o scena dell’anime. Ed è per questo che non potevano mancare determinate reference e, di pari passo, influenze provenienti dritte dritte dalla Settima arte.
Le tematiche sull'”umanità” degli androidi così come lo sviluppo di autocoscienza nelle biomacchine e l’evoluzione dell’intelligenza artificiale sono un esplicito richiamo al Blade Runner di Ridley Scott, a sua volta adattamento del romanzo sci-fi di Philip K. Dick Ma gli androidi sognano pecore elettriche? Al tempo stesso, il progresso della AI in NieR: Automata pesca a piene mani dal cult delle sorelle Wachowski ossia quel Matrix, a sua volta ispirato da Ghost in the Shell, che nel 1999 ha messo gli spettatori dinanzi ai concetti di realtà simulata e di ribellione contro un sistema di macchine e virtualità in cui, l’umanità, viveva un sogno perpetuo senza sospettare minimamente qualcosa.
Ancora, sulla questione dell’evoluzione della AI che riesce a essere senziente e autoconsapevole come le biomacchine, si palesa il capolavoro di Stanley Kubrick 2001: Odissea nello spazio che non si limita a essere solo fonte concettuale di riflessione e speculazione, ma anche citazione visiva: gli occhi rossi delle biomacchine belligeranti e quelli degli androidi che vengono infettati dai virus logici fanno pensare all’occhio “onnisciente” di HAL 9000, il supercomputer di 2001 e, come se non bastasse, la stazione spaziale del Comando YoRhA chiamata Bunker ricalca il design e la struttura circolare di quella presente in 2001.

NieR: Automata trae profonda ispirazione anche da Metropolis, sia dalla versione cinematografica di Fritz Lang del 1927 sia dall’adattamento anime del 2001. Il videogioco di Yoko Taro riprende la rigida stratificazione sociale di Metropolis, trasformandola nella gerarchia tra YoRHa, androidi e macchine. Il tema universale della ribellione delle creazioni artificiali contro i loro creatori attraversa entrambe le opere, mentre personaggi come 2B e A2 echeggiano la figura di Maria/Tima nell’acquisizione di qualità umane nonostante la loro natura sintetica. Visivamente, le rovine urbane di NieR richiamano l’estetica Art Déco futuristica del film di Lang, mentre la Torre nel gioco rispecchia simbolicamente la Ziggurat dell’anime, rappresentando potere e conoscenza. Entrambe le opere culminano in sequenze di distruzione catartica e pongono la stessa domanda fondamentale: cosa definisce veramente l’umanità quando le macchine mostrano emozioni, desideri e sofferenza?

L’universo degli anime: un dialogo profondo tra riferimenti diretti e tematici
NieR: Automata intrattiene un dialogo profondo con l’animazione giapponese, particolarmente con opere che hanno esplorato temi esistenziali e l’intersezione tra umanità e tecnologia.
Neon Genesis Evangelion lascia un’impronta profonda sull’opera di Yoko Taro, visibile nel design biomeccanico di alcuni nemici, particolarmente i boss giganti che ricordano gli Angeli dell’anime. La struttura del comando YoRHa rispecchia quella della Nerv, con una catena di comando nascosta e manipolatrice. I temi di isolamento esistenziale e la questione “cosa significa essere umani” attraversano entrambe le opere, così come l’uso di simbolismo religioso reinterpretato in chiave fantascientifica. La battaglia nel Pacifico che coinvolge 2B e 9S nel videogame richiama potentemente la sequenza dell’Angelo Gaghiel nell’ottavo episodio di Evangelion (L’arrivo di Asuka in Giappone), con il combattimento acquatico che evoca le stesse tensioni drammatiche e coreografie di battaglia. Parimenti, la fuoriuscita della colossale e antica biomacchina Grün dalle profondità marine è una palese reference alla scena di The End of Evangelion quando, l’Eva-02 di Asuka, fuoriesce dal lago in stato di berserk per combattere contro gli aggressori del quartier generale della Nerv.

Ancora più significativa è la scena in cui 2B strangola 9S infetto dal virus logico, che richiama direttamente l’iconica sequenza di Shinji che tenta di strangolare Asuka nel finale di The End of Evangelion, condividendo la stessa carica emotiva devastante e il tema della distruzione di ciò che si ama. Non da ultimo, la sequenza degli eventi finali richiama lo stile psicologico e introspettivo del controverso finale di Evangelion, mentre quando 9S deve recuperare le password per accedere alla Torre, le scritte su ogni ingresso sono significativamente in lingua angelica, un chiaro riferimento alla mitologia dell’opera di Hideaki Anno. Nell’ultimo episodio di NieR: Automata Ver 1.1a, inoltre, compare lo stesso, identico frame dello sciabordio dell’oceano che si vede in uno degli episodi finali di Neon Genesis Evangelion, The End of Evangelion ed Evangelion 3.1+1.0 Thrice Upon a Time, suggellando visivamente questa profonda connessione tematica.

Non è da meno Ghost in the Shell che rappresenta un altro riferimento fondamentale, a partire dall’intera premessa di androidi con coscienza che si interrogano sulla propria esistenza. Il concetto di “ghost” (anima) nelle macchine trova eco nelle misteriose “black box” degli androidi YoRHa. L’estetica cyberpunk nelle sezioni urbane, le interfacce di hackeraggio e connessione alla rete (particolarmente evidenti nelle sequenze con 9S), e la rappresentazione dei cyborg femminili come protagonisti, con 2B che richiama il design e la postura della Motoko Kusanagi, sono tutti elementi che testimoniano questa influenza. Il design degli androidi spogliati dalle loro fattezze umane, ridotti alla loro essenza meccanica, ricorda direttamente quello degli androidi di Ghost in the Shell, condividendo la stessa estetica industriale e filosofica sulla natura dell’identità artificiale. Persino alcune composizioni musicali di NieR: Automata evocano le atmosfere sonore del film anime di Ghost in the Shell, con arrangiamenti che richiamano le melodie e i toni contemplativi della colonna sonora di Kenji Kawai.

Non manca Serial Experiments Lain che presta a NieR: Automata i suoi concetti di realtà, connessione di rete e coscienza collettiva. Le tematiche sulla natura della memoria e dell’identità digitale sono esplorate in entrambe le opere, così come i glitch visivi e le distorsioni durante i momenti di rivelazione nell’anime. Segue Alita l’angelo della battaglia da cui viene ripresa l’estetica di combattimento dei cyborg femminili, l’ambientazione post-apocalittica con contrasti tecnologici e la ricerca di identità e scopo in un mondo abbandonato.
Jin-Roh – Uomini e lupi è un’altra fonte che influenza il design militaristico delle unità YoRHa con indosso le corazze da combattimento con tanto di elmetto e visiera e l’atmosfera cupa e distopica militarizzata. L’uso simbolico degli occhi rossi illuminati dietro maschere scure, la dicotomia tra dovere e sentimenti che caratterizza i protagonisti, e le scene di combattimento nelle rovine urbane che nell’anime Ver 1.1a richiamano l’estetica visiva di Jin-Roh sono tutti elementi che testimoniano questa connessione.

Un ulteriore riferimento significativo emerge dal confronto con il manga Claymore di Norihiro Yagi, dove le similitudini con le androidi da battaglia YoRHa sono notevoli: entrambe le opere presentano guerriere femminili che utilizzano come armi principalmente imponenti spadoni, condividono un sistema di numerazione gerarchico che definisce il loro rango e le loro capacità, e affrontano tematiche legate alla perdita dell’umanità in nome del dovere militare. Come le Claymore, le androidi YoRHa sono create artificialmente per combattere nemici sovrannaturali, vivendo in una condizione di isolamento emotivo che le separa dall’umanità che dovrebbero proteggere.

L’anime NieR: Automata Ver 1.1a – Omaggi stilistici

L’adattamento animato di NieR: Automata non si limita a trasporre la storia del videogioco, ma intrattiene un dialogo visivo con la tradizione dell’animazione giapponese.
Le rielaborazioni visive di anime classici di fantascienza sono evidenti nella palette cromatica, con l’uso di contrasti tra ambienti desaturati e dettagli brillanti che ricorda opere come Akira ed Ergo Proxy. Il design meccanico presenta dettagli dei robot e delle macchine con un’estetica che si rifà a classici come Patlabor e Bubblegum Crisis. Le sequenze di volo con i Pod e i movimenti aerei dei personaggi principali riprendono stilemi visivi di Macross e Ghost in the Shell, mentre l’ambientazione post-apocalittica della Terra abbandonata riprende elementi visivi di Nausicaä della Valle del Vento e Casshern Sins.
Alcune sequenze richiamano lo stile di Hideaki Anno con un uso distintivo del simbolismo geometrico attraverso pattern e simmetrie durante i momenti di introspezione. I frame insoliti, con inquadrature prolungate su dettagli apparentemente insignificanti che acquisiscono significato simbolico, e i monologhi interiori presentati con tecniche visive frammentate e sperimentali sono chiari riferimenti stilistici. Si nota anche una dissonanza audio-visiva tipica di Anno, con contrasti tra immagini tranquille e suoni disturbanti (o viceversa), e sequenze “psicologiche” dove la realtà si distorce per rappresentare lo stato mentale dei personaggi, con stili di animazione che cambiano drasticamente.
Gli omaggi ai film d’animazione distopici degli anni ’90 sono particolarmente evidenti negli ambienti urbani in rovina, rappresentati con una densità di dettagli che ricorda Memories di Katsuhiro Otomo. Il contrasto hi-tech/low-tech, con la giustapposizione tra tecnologia avanzata e ambienti fatiscenti, riprende l’estetica di Texhnolyze. L’uso di illuminazione drammatica, con forti contrasti di luce particolarmente nelle scene notturne o sotterranee, evoca film come Vampire Hunter D: Bloodlust. Le scene di combattimento, con la loro fluidità e coreografia violenta, richiamano Ninja Scroll e altre opere di Yoshiaki Kawajiri, mentre la rappresentazione del corpo, con il modo in cui i corpi degli androidi vengono danneggiati e riparati, ricorda il body horror alla Genocyber.
Sul piano delle tecniche di animazione distintive, l’anime presenta momenti di cambio di stile con passaggi da animazione fluida tradizionale a sequenze più stilizzate durante momenti emotivamente intensi. Il design degli effetti visivi per esplosioni, interfacce utente e glitch fonde estetiche retrò e futuristiche, mentre le transizioni sperimentali con tagli di scena non convenzionali ricordano le opere più sperimentali di Satoshi Kon. Si notano anche elementi di animazione sperimentale in stile Shaft, con cambi improvvisi di stile durante scene emotivamente cariche e uso di testo scritto e simboli sullo schermo.
Dov’è che ho già sentito quel suono… Riferimenti videoludici
Spostandoci sul versante prettamente videoludico, balza subito all’orecchio un effetto sonoro che accompagna i protagonisti 2B e 9S per buona parte dell’avventura. Ogniqualvolta i due ricevono una chiamata dal Comando YoRhA, si sentono due squilli in rapida successione similari a quelli del Codec di Metal Gear Solid e con quest’ultimo NieR: Automata non condivide solo un effetto sonoro, ma anche alcune scelte registiche nella gestione della telecamera nonché il design di alcuni boss, biomacchine fortemente ispirate al Metal Gear e a tutte le sue successive evoluzioni all’interno del franchise.
Di pari passo NieR: Automata riflette sottilmente l’influenza del franchise di Final Fantasy, frutto della collaborazione tra Yoko Taro e Square Enix. Questa connessione è evidente nel sistema di potenziamento dei chip, che richiama i sistemi di personalizzazione caratteristici della serie Final Fantasy. Inoltre, l’approccio narrativo multisfaccettato con molteplici finali riecheggia la tradizione Square di storyline complesse e stratificate. Visivamente, alcuni design nemici mostrano richiami ai bestiari iconici di Final Fantasy, mentre l’estetica di alcuni ambienti ricorda location celebri della serie. Il sistema di combattimento ibrido che fonde azione in tempo reale ed elementi RPG rappresenta un’evoluzione parallela alla direzione presa da Final Fantasy negli ultimi capitoli. Anche l’importanza della colonna sonora come elemento narrativo rispecchia l’approccio musicale distintivo della saga Square.
Come se non bastasse, NieR: Automata porta chiaramente l’impronta stilistica di PlatinumGames, evidenziando significative influenze dal loro precedente successo Bayonetta. Il sistema di combattimento fluido e spettacolare di Automata eredita l’expertise dello studio nel genere action, con meccaniche di schivata perfetta che richiamano il Witch Time di Bayonetta, permettendo ai giocatori di rallentare momentaneamente il tempo con evasioni tempestive. Entrambi i titoli condividono un approccio cinematico alle battaglie, con transizioni fluide tra combattimenti a terra e aerei, e un sistema di combo estremamente soddisfacente che premia precisione e timing. La direzione artistica mostra similitudini nell’estetica esagerata dei boss design e nelle coreografie di combattimento quasi danzanti. Questa fusione tra il talento action di PlatinumGames e la visione narrativa di Yoko Taro ha creato un’esperienza unica che bilancia perfettamente gameplay adrenalinico e profondità narrativa.
L’eredità della Yokoverse: connessioni con Drakengard e il primo NieR
NieR: Automata rappresenta il culmine narrativo dell’universo creato da Yoko Taro, con radici profonde nei precedenti titoli. L’intera saga origina dal finale E di Drakengard, quando la Regina Bestia appare nella Tokyo moderna rilasciando le particelle di Maso che scatenano la Sindrome di Clorificazione, decimando l’umanità. Questa catastrofe costituisce il fondamento degli eventi di NieR e successivamente di Automata. I collegamenti con Drakengard persistono attraverso riferimenti alle Intoners, al Culto del Drago e simboli ricorrenti come le rose rosse, mentre le tematiche di violenza ciclica e perdita d’identità attraversano l’intera saga.
Ambientato 8.480 anni dopo il primo Nier, Automata segue direttamente le conseguenze del finale D e include personaggi ricorrenti come Emil e la coppia Devola e Popola. Alcune location rappresentano versioni future di ambientazioni del primo gioco, mentre elementi narrativi fondamentali come il Progetto Gestalt e il suo fallimento costituiscono la base storica. Il legame è rafforzato da elementi di gameplay condivisi, dalla lore di Replicant e Gestalt, e da riarrangiamenti musicali iconici come “Song of the Ancients”. La Luna mantiene un ruolo simbolico speciale, ospitando in Automata l’ultimo archivio dell’umanità. Questi intrecci creano un’esperienza narrativa coesa, dove Automata non è un semplice sequel ma l’evoluzione naturale di storie e temi precedenti nella cosiddetta Yokoverse.
Un vero e proprio mosaico culturale

NieR: Automata, in tutte le sue incarnazioni mediali, si presenta come un’opera che trascende i confini del semplice videogioco o anime per diventare un vero e proprio mosaico culturale. Il modo in cui queste diverse opere e tradizioni vengono citate è spesso sottile e integrato nel tessuto narrativo invece che essere riferimenti espliciti, creando un’esperienza ricca e stratificata che premia lo spettatore o il giocatore attento.
Quello che rende NieR: Automata un capolavoro non è solo la somma di questi riferimenti, ma il modo in cui Yoko Taro li ha reinterpretati e fusi in una visione coerente e profondamente originale. Un’opera che, pur dialogando con il passato, guarda fermamente al futuro sia del medium videoludico sia della narrazione transmediale, ponendo domande filosofiche fondamentali sulla natura dell’umanità in un mondo sempre più tecnologico.
Attraverso questi strati di significato e riferimenti culturali, NieR: Automata non si limita a intrattenere, ma invita a riflettere, rendendo ogni partita o visione un’esperienza che risuona ben oltre la sua conclusione, proprio come le grandi opere d’arte che l’hanno ispirata.

Divoratore accanito di film, serie TV, libri e manga, ama gli anime (su tutti, Neon Genesis Evangelion) e i videogame, senza dimenticare la sua passione per la montagna. Autore di diversi saggi monografici, è un consulente editoriale con esperienza decennale, fotografo freelance e redattore per differenti siti web.