Nato in risposta alle controversie suscitate dal finale di Neon Genesis Evangelion, Death & Rebirth rappresenta il punto di svolta con cui Hideaki Anno ha trasformato il proprio capolavoro seriale in fenomeno cinematografico metatestuale.
Evangelion: Death & Rebirth – Morte e rinascita di un fenomeno popolare
Come è noto, le due puntate conclusive della serie anime Neon Genesis Evangelion (1995-1996) furono oggetto di infuocate polemiche. Le ossessioni tematiche del regista Hideaki Anno – l’identità, la solitudine, la paura del contatto – avevano preso il sopravvento sull’iniziale struttura da epopea mecha, a discapito dei molti misteri della trama, rimasti irrisolti. Inoltre, l’approccio visivamente astratto e minimalista adottato negli episodi – figlio degli altrettanto ben noti tagli di budget in cui incorse la serie nel bel mezzo della sua produzione – deluse una fetta consistente degli spettatori, che si aspettavano una chiusura narrativa più tradizionale, orientata allo spettacolo. Le reazioni, spesso estreme, sfociarono addirittura in minacce dirette al regista e allo staff dello studio Gainax.
Nel clima acceso che seguì la trasmissione, il 26 aprile 1996 la rivista Monthly Shōnen Ace annunciò che Anno e la Gainax stavano lavorando a un rifacimento degli ultimi due episodi con materiali inediti. Inizialmente pensato per il mercato home video, il progetto si trasformò presto in un film destinato al cinema, complice la crescente popolarità dell’anime seriale. Il risultato fu Neon Genesis Evangelion: Death & Rebirth, uscito in Giappone il 15 marzo 1997 e strutturato nei due segmenti del titolo.
Death: un recap nel segno di Jean-Luc Godard
Il primo segmento, Death (シ, morte), è il più interessante. Della durata di circa settanta minuti, propone un riassunto della serie televisiva in una forma scomposta e sperimentale, rivolta a chi la storia già la conosce, invece che a nuovi spettatori. Le sequenze salienti dei primi 24 episodi si susseguono a ritmo indemoniato, quasi subliminale, seguendo unità tematiche non lineari (in questo caso, i punti di vista dei singoli protagonisti). L’attenzione si sposta dalle battaglie con gli Angeli ai conflitti interiori, scanditi da un ritmo visivo mahleriano che giustappone le varie esperienze di abbandono in una specularità emotiva che esplica l’incapacità di instaurare rapporti autentici.
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Il film introduce, inoltre, numerose sequenze ridisegnate e un nuovo trattamento cromatico, più cupo e sanguigno. Tra le aggiunte spiccano l’immagine di Gendō Ikari fuso al seme di Adam e, soprattutto, la scena dell’esibizione orchestrale in cui Shinji, Asuka, Rei e Kaworu suonano strumenti ad arco in una palestra scolastica astratta e fuori dal tempo. Quest’ultima sequenza fornisce un’ulteriore chiave di lettura della ricerca di armonia e comunicazione: la musica come linguaggio dell’anima e struttura del montaggio, attraverso cui intrecciare i flussi di coscienza dei quattro Children. L’uso del Canone in Re maggiore di Pachelbel come chiusura musicale conferisce solennità all’opera.
Death fu realizzato ampliando la pellicola originale in 16 mm a 35 mm, e anche le nuove scene vennero girate nel medesimo formato per mantenere uniformità visiva. La regia venne infine affidata ad Anno, mentre Akio Satsukawa, inizialmente designato come regista, preferì occuparsi della sceneggiatura, incoraggiato da Anno a elaborare una struttura frammentaria ispirata alle discontinuità narrative di Jean-Luc Godard.

Rebirth: preludio alla fine
Il secondo segmento, Rebirth (新生, rinascita), di circa mezz’ora, rappresenta la prima parte di quello che sarebbe poi diventato The End of Evangelion. Il film si apre con la controversa sequenza in cui Shinji, sconvolto, compie un atto di autoerotismo nella stanza d’ospedale di Asuka, simbolo di un’umanità incapace di gestire il desiderio e la vergogna. Segue l’attacco della Seele al quartier generale della Nerv e la progressiva preparazione al Third Impact, in un crescendo di violenza grafica e impotenza che rievoca l’estetica distruttiva di Akira (1988) di Katsuhiro Ōtomo.
Girato direttamente su pellicola 35 mm, Rebirth nasceva con l’intento di concludere la storia, ma l’eccessiva mole di materiale portò la Gainax a suddividerlo, realizzando successivamente The End of Evangelion. Al giorno d’oggi, è difficile vedere in Rebirth qualcosa di più di un trailer esteso per il gran finale, per quanto d’altissimo livello.
Successo commerciale e storia distributiva
Prodotto congiuntamente da Gainax, Kadokawa Shoten, TV Tokyo e Sega, e distribuito da Toei Animation, Death & Rebirth esordì al secondo posto del box office giapponese, superato soltanto dal remake live action Disney La carica dei 101 (1996). Alla fine della sua permanenza in sala, raggiunse quasi due miliardi di yen d’incasso, confermando l’enorme richiamo commerciale del marchio Evangelion. Merito anche delle schede telefoniche promozionali raffiguranti Rei e Asuka, date in omaggio coi biglietti in prevendita – una scelta di marketing che Hideaki Anno, da sempre molto critico verso gli otaku, non deve aver accolto piacevolmente al tempo.

In occasione dell’uscita di The End of Evangelion, furono realizzati due rimontaggi: Evangelion: Death (True) e Evangelion: Death (True)², versioni che eliminavano alcuni materiali poi integrati nelle director’s cut degli episodi televisivi. Nel 1998 uscì Revival of Evangelion, che montava Death (True)² e The End of Evangelion in un’unica proiezione cinematografica. In Italia, Death & Rebirth giunse solo nel 2005 grazie a Panini Video e Dynit, mentre Revival arrivò nel 2009, in un’edizione fisica oggetto di culto e collezionismo per un difetto nei sottotitoli della prima stampa.
Una posizione ambigua nella storia del franchise
Il sentire comune spesso liquida Death & Rebirth come una semplice operazione di sintesi, del tutto trascurabile. Tale giudizio, tuttavia, è ingiusto nei confronti di un prodotto che, a suo modo, ha rappresentato uno spazio laboratoriale entro cui Anno ha esplorato la frammentazione dell’identità come risultato di un confronto tra opera e pubblico. Un ponte essenziale tra la serie e The End of Evangelion, una tappa cardine nell’evoluzione di Evangelion da prodotto televisivo a fenomeno culturale e commerciale globale.

Libraio, consumatore seriale di lungometraggi con una passione famelica per tutto ciò che arriva dall’Estremo Oriente, feticista dei libri editi da Taschen. Ogni tanto scrivo cortometraggi.


