ESCLUSIVA MNN – Intervista a Jacopo “Jackmoruz” Moruzzi: fumettista, illustratore e autore di Punk Truffle

Foto e illustrazioni su gentile concessione di Jacopo "Jackmoruz" Moruzzi.
Abbiamo intervistato Jacopo “Jackmoruz” Moruzzi, fumettista creatore di Silvia Sberla, Brodino, Briciolo e tanti altri personaggi sui generis diventati vere e proprie icone del panorama fumettistico italiano, illustratore nonché autore di Punk Truffle – Il bizzarro viaggio di Silvia Sberla pubblicato da Edizioni BD.
Come è nata la tua passione per il fumetto? C’è stato un momento specifico o un’opera che ti ha ispirato particolarmente?

Penso che la mia passione per il fumetto sia nata leggendo Peanuts di Charles M. Schulz. È una storia che racconto spesso all’inizio dei miei workshop di disegno con le scuole, perché penso sia emblematica: quando facevo le medie trovavo tremendamente noioso leggere. Mi sentivo frustrato soprattutto dal non riuscire mai a finire un libro intero. Mi appassionai alla lettura proprio leggendo le classiche raccolte brevi delle strisce con Charlie Brown e Snoopy. Come le ciliegie, ogni vignetta tirava l’altra e prima di accorgermene arrivavo in fondo a ogni volumetto con piacere e divertimento. “Quindi anche io posso finire un libro!”, pensai. E da lì in poi non mi sono più fermato, appassionandomi alla lettura in generale, anche se il fumetto è rimasto sempre uno dei miei medium letterari preferiti.
Quali artisti o opere hanno maggiormente influenzato il tuo stile e la tua visione artistica?
Per ricollegarmi alla risposta precedente, oltre alle strisce classiche (Peanuts e Calvin & Hobbes soprattutto) e a mostri sacri come Akira Toriyama col suo Dragon Ball (principalmente nella versione anime) quando facevo le medie approfondii più attentamente e con più passione il mondo del manga, in particolare Naruto. L’anime iniziò infatti a essere trasmesso in Italia proprio mentre ero in seconda media, nel pieno della mia passione per le arti marziali e per la cultura orientale in genere. Così decisi di recuperare la versione fumettistica e cartacea di questo nuovo cartone appena uscito, trovando in edicola i volumi corrispondenti alla parte Shippuden dell’opera di Masashi Kishimoto. Furono questi a ispirarmi di più all’epoca a livello stilistico. Per molti anni il mio obiettivo fu proprio quello di apprendere e raggiungere la sintesi di quei disegni. Negli anni poi si sono aggiunte altre opere, come Bleach di Tite Kubo, Berserk di Kentarō Miura e molti altri. Forse però il fumetto che a oggi continua a influenzarmi di più, sia per stile grafico sia per scrittura, non è un manga, bensì una comic strip americana: Cul De Sac di Richard Thompson. Un’opera che in Italia non ha ancora la fama che meriterebbe, purtroppo. Al momento non credo nemmeno che ne esista una raccolta tradotta e temo che le uniche strisce importate siano state pubblicate su Linus qualche anno fa. Sempre per parlare di strisce, negli ultimi tempi sto trovando grande ispirazione da un altro grande classico della comic strip made in USA: Nancy di Ernie Bushmiller.
Ai manga e alle comic strip si aggiunge anche una terza grande influenza: le serie Cartoon Network dei primi anni 2000, come Johnny Bravo, Mucca e Pollo, Il laboratorio di Dexter, Le Superchicche e, soprattutto, Ed, Edd & Eddy. Lo stile grottesco, strampalato e fuori di testa di quelle storie e di quei personaggi fanno parte del mio DNA fin dall’infanzia. Nel mio lavoro cerco sempre di inserire elementi esagerati e deformi ispirandomi a quella wave meravigliosa.
Voglio anche aggiungere, per chiudere, la grande influenza e il profondo fascino che continuano a suscitare in me le opere di Hayao Miyazaki. Princess Mononoke, in particolare, è uno dei miei film preferiti in assoluto.
Quali strumenti e tecniche preferisci utilizzare nel tuo lavoro da fumettista?

Attualmente il mio lavoro viene svolto quasi completamente in digitale. In particolare il mio dispositivo principale, da qualche anno a questa parte, è un iPad Pro da 11 pollici (modello del 2018) con annessa Apple Pencil. Un dispositivo piuttosto datato che spero di sostituire nel futuro prossimo, ma che finora mi ha comunque servito abbastanza bene. Per quanto riguarda il software, invece, realizzo le mie tavole usando un programma chiamato Procreate, disponibile esclusivamente su piattaforma iOS. Un’applicazione di disegno abbastanza versatile che ha sancito il mio ingresso nel mondo del digitale dopo una vita passata a disegnare su carta. Lo uso anche per fare il lettering e so già che questa cosa farà rabbrividire molti dei miei colleghi fumettisti. Al di là del lavoro, però, ho l’abitudine di disegnare il più possibile su carta e con strumenti tradizionali di ogni genere. È una pratica quotidiana che porto avanti da anni e che per fortuna non ho mai perso. Se fosse per me tornerei a fare così anche le tavole del lavoro e forse un giorno lo farò. Per ora vince ancora la comodità del digitale.
Puoi descrivere il tuo processo creativo, dall’idea iniziale fino alla realizzazione finale?
Mi ricollego alla domanda precedente dicendo che alcune volte, prima di lavorare alle tavole vere e proprie di un fumetto, svolgo la fase del cosiddetto layout o storyboard ancora con matita e carta. Lo storyboard è lo step in cui si disegnano miniature e bozze delle tavole per stabilire le dimensioni delle vignette e capire dove posizionare i vari elementi (disegni, balloon, eccetera) in modo da avere a colpo d’occhio una visione d’insieme della storia. Usare matita e carta, nonché disegnare le tavole non più grandi di un pollice (in gergo, thumbnail) è un modo per limitarsi e impedirsi di scendere troppo nei particolari in una fase in cui è importante mantenere un tratto semplice, essenziale e funzionale.
Per quanto riguarda il processo creativo in sé, per i fumetti che scrivo e disegno io (soprattutto le comic strip auto conclusive) l’idea può nascere sia dal testo sia da un’immagine che ritengo suggestiva. Magari mi viene in mente una battuta che reputo divertente e mi metto quindi a pensare a un personaggio che la possa ‘recitare’ e dire. Da lì poi abbozzo una sceneggiatura rudimentale, correggendola e sistemandola, sulla base della quale realizzo il layout/storyboard di cui parlavo all’inizio. Una volta ottenuta una bozza indicativa, la ingrandisco e la inserisco nel file della tavola definitiva per usarla come base per le matite. Una volta rifinite anche queste, passo all’inchiostrazione e, se previsto, al colore. In alcuni rari casi salto la fase di matita e passo direttamente a fare i disegni definitivi.
Per quanto riguarda le storie più lunghe o i libri, l’idea si costruisce pian piano nel corso di molti mesi o addirittura anni, partendo da suggestioni molto vaghe, personaggi visti per strada o conservati nella memoria, idee e concetti, temi che mi stanno a cuore e frasi bizzarre che vorrei sentir dire dai miei personaggi.
Ci sono progetti recenti o futuri di cui vorresti parlarci? Nel 2023 hai pubblicato Punk Truffle – Il bizzarro viaggio di Silvia Sberla, uno dei principali personaggi delle tue opere. Ti andrebbe di raccontarci qualcosa in merito?

Punk Truffle è un lavoro a cui sono molto legato e in cui ho riversato tematiche e aspetti molto personali della mia vita. Sono contento e grato della risonanza che ha avuto coi miei lettori e posso dire di essere molto soddisfatto di com’è venuto. Certo, col senno di poi e con l’esperienza che ho adesso mi verrebbe voglia di modificare alcuni passaggi e di espandere certe tematiche, ma non si può e va bene così.
Attualmente, tra i vari progetti che ho in serbo, sto scrivendo una nuova storia ambientata nello stesso universo dove vivono Silvia Sberla e Brodino, ma che non è collegata direttamente alle vicende di Punk Truffle. È un progetto parecchio ambizioso per i miei standard, tant’è che sto dedicando una particolare attenzione alla costruzione della sceneggiatura e della storia. Pensate che l’idea mi frulla in testa già dai mesi in cui è stato pubblicato Punk Truffle! Non voglio svelare troppo (anche per scaramanzia), ma posso anticiparvi che alcuni dei temi del libro saranno le tradizioni delle piccole comunità di provincia, lo spopolamento dei borghi e le sagre di paese. La protagonista, ovviamente, sarà Silvia Sberla.
Sei molto attivo nelle collaborazioni con scuole ed eventi legati al fumetto. Queste collaborazioni hanno influenzato il tuo lavoro recente?
Certo. Innanzitutto, lavorare a contatto coi ragazzi delle scuole elementari o medie mi trasmette una grande carica creativa. Si tratta di generazioni che masticano e conoscono molto bene il linguaggio del fumetto, per cui è super divertente osservarli nel loro processo creativo, sia di scrittura sia di disegno. Mi sono spesso fermato a ridere di gusto per battute inaspettate o per personaggi strampalati dai nomi buffi nati dalla matita di qualche giovane artista.

L’influenza c’è stata anche a livello dei miei fumetti. Soprattutto dopo alcuni laboratori realizzati a inizio 2025 ho iniziato a sviluppare alcune idee per strisce e storie ambientate proprio tra i banchi di scuola, sempre con Silvia, Brodino e gli altri come protagonisti. Chissà che non ne nasca un ulteriore libro in futuro!
Qual è stata l’esperienza più significativa o memorabile nella tua carriera fino a ora?
Devo dire che ce ne sono state tante. Sono molto grato delle situazioni e delle esperienze che questo lavoro mi ha permesso di vivere. Soprattutto il contatto coi lettori e col loro interesse e affetto nei confronti delle mie storie e dei miei personaggi. Mi ricordo ancora la prima volta che, chiacchierando con una persona sui social molti anni fa, questa facesse riferimento a uno dei miei personaggi chiamandolo per nome come se lo conoscesse. Fu la prima volta in assoluto. Mi ricordo ancora che fui pervaso da un grandissimo senso di appagamento, gratitudine e soddisfazione. L’arte per me è comunicazione, quindi sapere che qualcuno, di fatto una persona sconosciuta con la sua vita e la sua dimensione separata dalla mia, è entrata in contatto con la mia arte tramite un personaggio che ho creato mi sembra un fatto davvero straordinario. Una cosa bellissima. Lo stesso discorso vale per la mia scrittura comica. Vedere che i lettori ridono alle mie battute mi dà una gioia indescrivibile. Penso sia il coronamento del lavoro di ogni scrittore umoristico, un segno che le cose che fai funzionano. Soprattutto quando a ridere sono persone che magari vedono le tue strisce per la prima volta in assoluto. Quindi, insomma, ogni volta che cose di questo tipo accadono io mi sento grato e soddisfatto di ciò che faccio.
Che consigli daresti a chi desidera intraprendere una carriera nel mondo del fumetto?

Fate attività fisica, disegnate su carta usando tante penne, pennelli e matite diverse. Guardate tanti film, innamoratevi dei racconti, delle storie, leggete romanzi, tanti, e pure tante poesie. Create fumetti per fare i fumetti, non per diventare fumettisti. Questo lavoro, soprattutto in Italia, ha molti problemi, a partire dagli anticipi bassi per i libri e dalle paghe magre. Quindi diversificate, guardatevi attorno e studiate cosa fanno gli artisti degli altri Paesi. Disegnate le cose che vi appassionano: molti fumettisti hanno iniziato a lavorare postando le loro fanart sui social! Chiedete consiglio agli autori che vi piacciono e, soprattutto, fate rete con le persone che hanno la vostra stessa passione. Il fumetto è una forma d’arte che per essere realizzata costringe a un tenore di vita quasi eremitico, per cui è importante restare connessi con altre persone, sia per avere feedback sul proprio lavoro sia per ridere, scherzare e vivere la vita. Infine, ultimo mio consiglio spassionato: vivete al di fuori del fumetto. Alla fine della fiera anche i disegni più belli e le storie più affascianti sono ‘solo’ (con molte virgolette) inchiostro su carta. La vita vera è là fuori, nei parchi, in riva al fiume e con le persone che amiamo. Noi non siamo solo le cose che facciamo. Non dimentichiamocelo mai.
Ci sono hobby o interessi al di fuori del mondo dell’arte che influenzano o ispirano il tuo lavoro?
Se bisogna uscire completamente dal contesto artistico, direi che un hobby che mi influenza parecchio è la cucina. Non sono di certo uno chef stellato, però mi piace preparare ricette che soddisfino prima di tutto me e che nella loro semplicità risultino più saporite di una fetta di pollo buttata in padella senza condimento (ricetta di cui sono spesso colpevole io in prima persona). Diciamo che è anche una forma di self care: preparare un piatto usando concentrazione e un minimo di attenzione per tempi di cottura, ingredienti, eccetera. è un modo per dimostrare amore verso me stesso e verso i miei commensali. Meritiamo di magiare cose buone, insomma! Certo, qualche volta i miei esperimenti culinari non vanno a buon fine, però è parte del gioco. Poi è tutta esperienza, organizzazione e creatività, come quando si fanno i fumetti.
Quali sono i tuoi obiettivi futuri come artista? Ci sono nuovi territori o stili che vorresti esplorare?
Penso di aver già risposto in parte, citando i futuri progetti a cui sto lavorando. A questi però aggiungerei anche una voglia che ho da tempo di sperimentare con le fanzine, magari autoproducendo un piccolo fumetto stampato su carta colorata e con una narrazione meno ‘rigida’ rispetto alle cose che faccio di solito. In generale a livello stilistico vorrei sciogliermi di più, disegnare senza troppe preoccupazioni e dare un bel calcio in culo al perfezionismo che, onestamente, ha proprio rotto le palle. Anche perché ho tante idee in mente e ho voglia di realizzarne il più possibile senza stare troppo a preoccuparmi di dover correggere ogni pixel di ogni linea di ogni vignetta di ogni tavola e così via. Quindi, insomma, ci siamo capiti: il mio obiettivo per il futuro è disegnare peggio! E, ovviamente, nel mentre, farmi pagare di più (*fa l’occhiolino allo schermo del computer: wink!).

Divoratore accanito di film, serie TV, libri e manga, ama gli anime (su tutti, Neon Genesis Evangelion) e i videogame, senza dimenticare la sua passione per la montagna. Autore di diversi saggi monografici, è un consulente editoriale con esperienza decennale, fotografo freelance e redattore per differenti siti web.